mercoledì 14 novembre 2012

La Cattedrale di Caserta Vecchia di Massimo Capuozzo


Elementi paleocristiani e bizantineggianti non sono gli unici protagonisti del Romanico campano: ad essi si aggiungono, infatti, motivi arabi e moreschi che dalla Sicilia si diffusero in tutto il Mezzogiorno d’Italia.
È il caso degli archi intrecciati su colonne che decorano l’alto tamburo del tiburio ottagonale della Cattedrale di Caserta Vecchia, risalente al XII secolo. Il tiburio, costruito con pietra dolce bicolore grigio e giallognolo a scacchiera, presenta influssi siciliani che lo accomunano alla contemporanea cattedrale di Salerno e presenta analogie con le chiese di San Giovanni del Toro e di Santa Maria a Gradillo di Ravello della fine del XII secolo, sebbene la cupola di Caserta superi per imponenza quelle più o meno contemporanee della costiera amalfitana. Il tiburio con le sue otto facce, è diviso in due zone: in entrambe il motivo dominante è dato da arcate intrecciate che, nell'ordine inferiore, si sovrappongono a finestra. Il finto loggiato, costituito dalle arcate intrecciate, sorge su un cornicione a dentelli sostenuto da mensolette, ed è sormontato da una cornice più fortemente aggettante, anch'essa poggiante su mensolette variamente ornate. Al di sotto delle cornici corrono larghe fasce decorate con tarsie policrome. Nell'ordine inferiore ritorna il motivo fiorito già presente nelle torri di Salerno e nel chiostro di Monreale: rosoni istoriati, stelle, figure di animali fantastici. Sempre nell'ordine inferiore i sottoarchi includono dischi a motivi geometrici, mentre le membrature degli archi e delle finestre sono rivestite da incrostazioni policrome a disegni geometrici e stilizzati. Ancora influssi arabi, giunti probabilmente tramite l'architettura siciliana ed amalfitana, sono riconoscibili negli archi a ferro di cavallo delle finestre del transetto e negli archetti incrociati che, collocati su due ordini sovrapposti, trasformano la massa volumetrica con accenti linearistici e cromatici, anche grazie alle tarsie policrome che praticamente ricoprono il tamburo.
Splendida e spettacolare, questa cattedrale è un episodio esemplare del romanico campano ed è certamente uno dei monumenti più significativi dell'architettura medioevale nell'Italia Meridionale in quanto presenta ad un tempo influssi provenienti dalla Sicilia con altri provenienti dal romanico lombardo, mediato dal romanico pugliese, ed infine dalla tradizione paleocristiana: si incontrano in questo modo caratteristiche e soprattutto elementi decorativi, derivati dal complesso stile architettonico tipico del romanico siciliano in cui coesistevano elementi normanni con altri arabi e bizantini che giunsero in Campania tramite Amalfi. Altri elementi invece, per esempio il materiale illustrativo scultoreo, sono provenienti da nord o sono filtrati dal romanico pugliese.
La chiesa, dedicata a San Michele Arcangelo, sorge in un borgo medioevale che, fondato dai Longobardi di Capua nel secolo VIII, fu un importante centro fortificato prima longobardo poi normanno e raggiunse il suo massimo splendore fra i secoli XI-XIV.
Costruita a partire dal 1129 sui resti di una precedente chiesa longobarda in cui si venerava San Michele e terminata nel 1153, durante il XIII secolo, la cattedrale subì notevoli modifiche ed accrescimenti: fu arricchita, infatti, del transetto,  della cupola e del campanile con caratteri stilistici che si avvicinano al gotico, sebbene le volte costolonate del transetto sembrino un richiamo all'architettura araba piuttosto che a quella gotica. Nel XVI secolo, sul lato sinistro della cattedrale, fu costruita una cappella quadrata in cui sono rimasti integri gli affreschi medievali. Alla fine del XVII secolo furono effettuati lavori interni che trasformarono l'originario aspetto romanico in quello di una chiesa barocca: fu aggiunto un soffitto ligneo piano decorato da una cornice ornamentale e da dipinti, le pareti furono decorate con stucchi che distrussero precedenti affreschi medievali che ricoprivano le pareti già ritenuti di Pietro Cavallini o in ogni caso della sua scuola, andarono perduti i dipinti del soffitto con la maggior parte del mosaico del pavimento e vari altari furono infine addossati alle pareti delle navate laterali. Nel 1926 un radicale restauro ha riportato la chiesa all'originario aspetto romanico.
Secondo alcuni studiosi, la cattedrale, come nel caso di Sant’Angelo in Formis e del Duomo di Sessa Aurunca, fu costruita ad imitazione della chiesa abbaziale di Montecassino, voluta dall’abate Desiderio che ne volle fare la meraviglia dell’occidente: Montecassino, allora all'apice del suo ruolo di centro spirituale e culturale, diffuse nell'area sud di Roma una tipologia corrispondente a quello della tradizione basilicale paleocristiana. La cattedrale infatti nella prima fase costruttiva presentava una pianta piuttosto semplice a tre navate e con presbiterio a tre absidi allineate, in diretta comunicazione con le navate, senza transetto: uno schema costruttivo di tipo paleocristiano molto diffuso anche in aree circostanti ed uguale a quello della vicina Abbazia di Sant'Angelo in Formis. Solo nella seconda fase costruttiva, posteriore al 1207, ci fu l'ampliamento e la trasformazione della zona presbiteriale, con la realizzazione di un transetto rialzato a tre absidi, coperto con volte a crociera caratterizzate da robusti costoloni, e sulla crociera la cupola. Sulla crociera s'innalza la cupola, di un secolo posteriore alla fabbrica della chiesa essa è uno dei meravigliosi prodotti dell'arte siculo-campana che già aveva espresso le sue prime fantasie decorative nella Cattedrale di Salerno per poi farsi più elegante e immaginosa a Ravello e a Caserta. Nella sua raffinata policromia e nella vibrante grazia decorativa, questa cupola rappresentò uno dei risultati maggiori dell'architettura medioevale in Italia. Dalla navata si accede al transetto attraverso un arcone a sesto acuto.
L'edificio, costruito in tufo grigio campano lasciato a vista, presenta un prevalente colore grigio-ocra che trova precisi riscontri anche a Capua ed a Salerno. La facciata a salienti, di ascendenza lombarda filtrata dal romanico pugliese, riflette l'interno a tre navate. Essa è caratterizzata da: tre portali centinati in marmo bianco di Luni con ornati vegetali che riprendono iconografie antiche, da sculture allegoriche che simboleggiano la Forza e la Potenza della Chiesa con evidenti corrispondenze con le facciate delle cattedrali pugliesi, da due monofore con archivolti riccamente scolpiti terminanti in protomi mostruose ed infine dalla serie degli archetti pensili che percorrono i vari prospetti. Sculture zoomorfe, tra cui dei leoni, sostengono gli architravi e fuoriescono, a mensola in marmo chiaro, dalla muratura: tali mensole trovano corrispondenze nel romanico pugliese,  in particolare a Bari ed a Ruvo di Puglia. 
Sul portale si apre una monofora inquadrata da due colonne poggianti sui leoni. Particolarmente interessante è il timpano triangolare a finta galleria è caratterizzato da una serie di archetti ciechi, tipici dell'architettura romanico-lombarda, intrecciati a formare ogive poggianti su sei colonnine di marmo. Una cornice ad archetti pensili corre lungo tutte le facciate. Ma, oltre che per questi archetti, la facciata acquista animazione per la presenza nel timpano di un loggiato cieco ad archi intrecciati poggianti su colonnine marmoree, evidente richiamo a tanti edifici dell'architettura siculo-mussulmana. I paramenti murari del fianco laterale destro, così come il tiburio, mostrano ampi resti della decorazione, tipica del periodo normanno, in conci di tufo regolari, a faccia vista, disposti a formare figure geometriche ed intrecci.
L'interno della chiesa presenta una pianta a croce commissa in cui la navata centrale, coperta a capriate, è delimitata da 18 colonne monolitiche di spoglio, quasi tutte di marmo cipollino, sovrastate da archi a tutto sesto. I capitelli, tutti diversi l'uno dall'altro (per lo più corinzi ed in diverso stato di conservazione) provengono evidentemente da antichi edifici di età romana imperiale, a parte tre che sono invece di epoca medievale. Essi sono sormontati da una sorta di pulvino di semplice forma parallelepipeda, eredità culturale paleocristiana e bizantina, che serve a compensare la diversa altezza delle colonne.
Sull'altare c’è un crocifisso ligneo di autore ignoto, di rude e provincializzante resa plastica, riferibile alla seconda metà del XIV secolo. Tra la navata ed il transetto c’è un elegante affresco di scuola napoletana del '400 di influenza senese che rappresenta la Vergine col Bambino.
Il transetto ospita due sepolture trecentesche ispirate ai modelli del senese Tino da Camaino attivo dal 1323 a Napoli al servizio del re Roberto d'Angiò.
Il pulpito, realizzato, reimpiegando parti dei due amboni medievali risalenti all’inizio XIII secolo risale all'inizio del Seicento.
Gli unici affreschi superstiti della chiesa sono nella Cappellina trecentesca che è a destra entrando nella chiesa. Al suo fianco, sul muro maestro, recentemente è stato collocato un busto marmoreo raffigurante la Vergine, opera di scuola campana della fine del XIV secolo.
Lateralmente alla chiesa, a destra della facciata, quasi attaccato ad essa sorge l'imponente campanile, terminato nel 1234. Il campanile, massiccia ma slanciata costruzione quadrata che poggia su di un arcone ogivale, è alto 32 metri, manifesta anche influssi gotici, quanto meno nel grande arcone ogivale che al piano terra permette il sottopasso di una strada diretta verso il castello, ma presenta anch'esso il motivo degli archetti incrociati, al primo ordine sopra l'arco. Sovrapposto a questo troviamo due piani ad eleganti bifore ed un originale coronamento ottagonale con una cella campanaria e si conclude con torrette cilindriche agli angoli su cui è ripreso il motivo degli archetti intrecciati.

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