mercoledì 28 novembre 2012

La Cattedrale di Ravello e Barisano di Trani di Massimo Capuozzo


Richiami alla tradizione araba sono presenti nel Duomo di Ravello, il cui ambone, sempre del XII secolo, presenta ornati geometrici di tipo orientale, molto simili a quelli dell’ambone della Cattedrale di San Matteo a Salerno, dove, tuttavia, il gusto per la decorazione islamica si incontra con elementi della tradizione classica.
Il duomo di Ravello fu edificato alla fine dell'XI secolo: anche in questo caso si tratta di una basilica di derivazione benedettino-cassinese a tre navate, scandite da un doppio colonnato, con transetto sopraelevato per la presenza di una sottostante cripta e di absidi estradossate cioè non ricoperte dalle murature di rinfianco.
Dell'antico arredo, il duomo conserva il bell'ambone dell'epistola fatto eseguire dal vescovo Costantino Rogadeo (1094–1150). Si tratta dell'unico esempio in Campania della tipologia di ambone a doppia scala, di derivazione romana: dal XII secolo, infatti, gli amboni erano tutti costruiti su colonne. Due transenne triangolari seguono l'andamento delle scale laterali e sono affiancate ad un lettorino centrale, recante in alto un'aquila dalla testa mozza. Sulle transenne trovano posto le due raffigurazioni della pistrice che prima ingoia e poi rigetta Giona. Nel registro inferiore due plutei sono decorati con dischi di porfido e di serpentino, inquadrati da meandri curvilinei. In alto un mosaico raffigura l'episodio biblico del profeta Giona, ingoiato e vomitato dalla pistrice, prefigurazione della morte e della resurrezione di Gesù. Sotto il lettorino, a sottolinearne il carattere di monumento alla resurrezione, si apre una cavità che rimanda al sepolcro vuoto ai cui lati sono posti due pavoni ad intarsio, simbolo della vita eterna, e sormontano la nicchia centrale.

Uno dei capolavori del duomo è però la porta bronzea, commissionata da un patrizio della città, Sergio Muscettola, a Barisano da Trani, la personalità più intrigante in materia dell'ultimo quarto del XII secolo nel 1179 e donata al duomo.
Il nome di Barisano, scultore e fonditore tranese attivo nella seconda metà del XII secolo, compare sui battenti bronzei della porta della Cattedrale di Trani e del portale nord del Duomo di Monreale. Sulla base di evidenti concordanze stilistiche ed iconografiche a Barisano è stata attribuita con certezza anche la porta bronzea del Duomo di Ravello, nella quale, come nelle altre due, ornati e figure, raffinatamente stilizzati in larghe riquadrature circondate da ricche cornici, sono mutuati da bronzi e da avori bizantini. L'uso di applicare su due ante di legno di quercia o di larice vari riquadri bronzei legati fra loro da comici e listelli fissati con bulloni ricorre anche per questa porta. La successione cronologica delle tre porte, di cui solo quella di Ravello è datata al 1179, è piuttosto controversa: gli studi più recenti danno comunque come prima la porta di Ravello, seguita da quelle di Trani del 1185 circa e di Monreale del 1190 circa.
Nulla si sa di Barisano: il nome lascia supporre che egli, o la sua famiglia, fosse originario di Bari e che probabilmente la sua attività si svolse prevalentemente nelle officine della città di Trani, alle quali non dovevano mancare commissioni dall'esterno, ricca com'era Trani di un attivissimo porto che favoriva l'afflusso di un pubblico cosmopolita nonché la presenza di varie colonie commerciali. Così è presumibile che da Trani, via mare, le porte di Barisano destinate a Ravello e a Monreale, abbiano raggiunto le rispettive sedi.
Con queste opere, Barisano si inserì in una tradizione ormai consolidata da un secolo, in quanto l'uso di chiudere e di ornare con ante bronzee i vani di accesso alle chiese si sviluppò ampiamente nell’Italia dell’XI e del XII secolo: molti oggetti, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, giungevano direttamente da Bisanzio, mentre parallelamente si moltiplicavano fiorenti officine locali che risentivano in diversa misura di influssi non solo bizantini, ma anche classici, musulmani e d'oltralpe. Una di queste officine era quella tranese di Barisano. Rispetto all'intarsio ageminato ed al niello, sempre ricorrenti nella produzione bronzea dell'Italia meridionale, Barisano introdusse una nota originale ed innovatrice, sostituendo a quelle tecniche l'uso del rilievo: in questa porta ravellese, infatti, per la prima volta, la tecnica dell'intarsio ageminato di scuola bizantina nella realizzazione delle formelle è sostituito dal bassorilievo.
La porta (3,78 x 2,66) è costituita da due battenti in legno su cui sono affisse in maniera quasi speculare 80 formelle, di cui 54 figurate e 26 decorative che costituiscono le cornici adorne di fogliame: la porta è, infatti, incorniciata, in alto e ai lati, da una ricca e larga fascia a cerchi intrecciati. Le giunture sono ricoperte da fasce ornamentali raccordate da borchie piramidali o circolari e assicurate alla struttura con grossi chiodi.
Le 54 formelle figurate, sono ripartite in nove file. Nel ciclo iconografico, che interpreta la porta della chiesa come porta del paradiso, è presentata la storia della salvezza in un ciclo cristologico (incarnazione, morte e opera di redenzione di Cristo) concentrato in quattro scene che raffigurano la Madre di Dio in trono, la Deposizione dalla croce, la Discesa agli inferi e la Maiestas Domini.
Attorno ai battaglii si distribuiscono invece raffigurazioni di profeti e santi guerrieri della tradizione orientale, mentre nella parte inferiore ci sono infine interessanti raffigurazioni di arcieri orientali e di guerrieri intenti in quelli che sembrano combattimenti di addestramento con mazze e scudi di legno. In questa parte trovano posto soggetti decorativi di chiara influenza sasanide, la stessa che si ritrova nella decorazione a soggetto vegetale. Questo ciclo è completato da figure isolate (apostoli, santi, precursori di Cristo, angeli adoranti) e da raffigurazioni simboliche (l'Albero della vita, simbolo della risurrezione di Cristo, affiancato da leoni e grifoni o disposto ad inquadrare la protome leonina che funge da battaglio della porta; guerrieri, arcieri, e santi-cavalieri, che alludono alla protezione e alla vigilanza). Il programma figurativo, leggibile dal basso verso l'alto, inizia con le raffigurazioni simboliche, prosegue con le schiere degli apostoli e dei santi fino alle formelle cristologiche che si concludono in alto con la Maiestas Domini, ripetuta su ognuno dei due battenti.
Le formelle non solo corrispondono simmetricamente sulle due ante, ma talora sono ripetute identiche dall'una all'altra: questo in modo non arbitrario, ma coerentemente con un preciso programma figurativo che dava la possibilità di concepire ogni battente come un'unità a sé stante.
Su una placca argentea c’è l'iscrizione dedicatoria con i nomi del donatore e dei suoi familiari nonché la data: Sergio Muscettola appare inoltre per due volte inginocchiato ai piedi di San Nicola.
La disposizione delle formelle non rispetta un preciso ordine teologico: comunque la presenza di personaggi sacri collegati fra loro, di due santi cavalieri, San Giorgio e Sant’Eustachio, e di combattenti vorrebbe forse alludere alla Redenzione e alla lotta fra il bene e il male.
Nell’opera di Barisano, espressione tipica del romanico nell'Italia meridionale, legata a suggestioni orientali, ma già in diversa misura libera nell'interpretarle, sebbene sia ancora l'influsso bizantino a prevalere, determinando il programma figurativo, i tipi iconografici e i caratteri formali. Le fonti iconografiche sono state infatti individuate proprio in ambito bizantino, nell'oreficeria, negli intagli in avorio e nelle miniature. Le formelle e le cornici, poco rilevate, mostrano uno stile di straordinaria dolcezza e snellezza. L'ornamentazione estremamente articolata e di grande ricchezza formale è eseguita con cura; le figure variano nel modellato ed hanno, nonostante lo scarso aggetto del rilievo, una forte corporeità; l'impressione complessiva di queste pareti figurate ricorda la preziosa superficie delle opere di oreficeria. È possibile che Barisano abbia lavorato anche come orafo ed è comunque presumibile che egli sia stato tanto il fonditore quanto il modellatore delle porte di bronzo, come sembra confermare d'altronde il tratto, in larga parte unitaria, dei rilievi. Di grande finezza esecutiva è soprattutto la porta di Ravello, la prima realizzata: in essa si riscontra una cura particolare nella realizzazione delle controforme.

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