Richiami alla tradizione araba
sono presenti nel Duomo di Ravello, il cui ambone, sempre del XII
secolo, presenta ornati geometrici di tipo orientale, molto simili a quelli
dell’ambone della Cattedrale di San Matteo a Salerno, dove, tuttavia,
il gusto per la decorazione islamica si incontra con elementi della tradizione
classica.
Il duomo di Ravello fu edificato
alla fine dell'XI secolo: anche in questo caso si tratta di una basilica di
derivazione benedettino-cassinese a tre navate, scandite da un doppio
colonnato, con transetto sopraelevato per la presenza di una sottostante cripta
e di absidi estradossate cioè non ricoperte
dalle murature di rinfianco.
Dell'antico arredo, il duomo conserva il bell'ambone
dell'epistola fatto eseguire dal vescovo Costantino Rogadeo (1094–1150). Si tratta dell'unico
esempio in Campania della tipologia di ambone a doppia scala, di derivazione
romana: dal XII secolo, infatti, gli amboni erano tutti costruiti su colonne.
Due transenne triangolari seguono l'andamento delle scale laterali e
sono affiancate ad un lettorino centrale, recante in alto un'aquila dalla testa
mozza. Sulle
transenne trovano posto le due raffigurazioni della pistrice che prima ingoia e
poi rigetta Giona. Nel registro inferiore due plutei sono decorati con
dischi di porfido e di serpentino, inquadrati da meandri curvilinei. In alto un
mosaico raffigura l'episodio biblico del profeta Giona, ingoiato e vomitato
dalla pistrice, prefigurazione della morte e della resurrezione di Gesù. Sotto
il lettorino, a sottolinearne il carattere di monumento alla resurrezione, si apre una cavità che
rimanda al sepolcro vuoto ai cui lati sono posti due pavoni ad intarsio, simbolo della vita
eterna, e sormontano la nicchia centrale.
Uno dei capolavori del duomo è però la porta
bronzea, commissionata da un patrizio della città, Sergio Muscettola, a
Barisano da Trani, la personalità più intrigante in materia dell'ultimo quarto
del XII secolo nel 1179 e donata al duomo.
Il nome di Barisano, scultore e
fonditore tranese attivo nella seconda metà del XII secolo, compare sui
battenti bronzei della porta della Cattedrale di Trani e del portale nord
del Duomo di Monreale. Sulla base di evidenti concordanze stilistiche ed
iconografiche a Barisano è stata attribuita con certezza anche la porta
bronzea del Duomo di Ravello, nella quale, come nelle altre due, ornati e
figure, raffinatamente stilizzati in larghe riquadrature circondate da ricche
cornici, sono mutuati da bronzi e da avori bizantini. L'uso di applicare su due
ante di legno di quercia o di larice vari riquadri bronzei legati fra loro da comici
e listelli fissati con bulloni ricorre anche per questa porta. La successione
cronologica delle tre porte, di cui solo quella di Ravello è datata al 1179, è
piuttosto controversa: gli studi più recenti danno comunque come prima la porta
di Ravello, seguita da quelle di Trani del 1185 circa e di Monreale del 1190
circa.
Nulla si sa di Barisano: il nome
lascia supporre che egli, o la sua famiglia, fosse originario di Bari e che
probabilmente la sua attività si svolse prevalentemente nelle officine della
città di Trani, alle quali non dovevano mancare commissioni dall'esterno, ricca
com'era Trani di un attivissimo porto che favoriva l'afflusso di un pubblico
cosmopolita nonché la presenza di varie colonie commerciali. Così è presumibile
che da Trani, via mare, le porte di Barisano destinate a Ravello e a Monreale,
abbiano raggiunto le rispettive sedi.
Con
queste opere, Barisano si inserì in una tradizione ormai consolidata da un
secolo, in quanto l'uso di chiudere e di ornare con ante bronzee i vani di accesso
alle chiese si sviluppò ampiamente nell’Italia dell’XI e del XII secolo: molti
oggetti, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, giungevano direttamente da
Bisanzio, mentre parallelamente si moltiplicavano fiorenti officine locali che
risentivano in diversa misura di influssi non solo bizantini, ma anche
classici, musulmani e d'oltralpe. Una di queste officine era quella tranese di
Barisano. Rispetto all'intarsio ageminato ed al niello, sempre ricorrenti nella
produzione bronzea dell'Italia meridionale, Barisano introdusse una nota
originale ed innovatrice, sostituendo a quelle tecniche l'uso del rilievo: in questa porta ravellese,
infatti, per la prima volta, la tecnica dell'intarsio ageminato di scuola bizantina
nella realizzazione delle formelle è sostituito dal bassorilievo.
La porta (3,78 x 2,66) è
costituita da due battenti in legno su cui sono affisse in maniera quasi
speculare 80 formelle, di cui 54 figurate e 26 decorative che costituiscono le cornici adorne di fogliame:
la porta è, infatti, incorniciata, in alto e ai lati, da una ricca e
larga fascia a cerchi intrecciati. Le giunture sono ricoperte da fasce
ornamentali raccordate da borchie piramidali o circolari e assicurate alla
struttura con grossi chiodi.
Le
54 formelle figurate, sono ripartite in nove file. Nel ciclo iconografico, che
interpreta la porta della chiesa come porta
del paradiso, è presentata la storia della salvezza in un ciclo
cristologico (incarnazione, morte e opera di redenzione di Cristo) concentrato
in quattro scene che raffigurano la Madre di Dio in trono, la Deposizione dalla
croce, la Discesa agli inferi e la Maiestas Domini.
Attorno ai battaglii si distribuiscono invece
raffigurazioni di profeti e santi guerrieri della tradizione orientale, mentre
nella parte inferiore ci sono infine
interessanti raffigurazioni di arcieri orientali e di guerrieri intenti in
quelli che sembrano combattimenti di addestramento con mazze e scudi di legno.
In questa parte trovano posto soggetti decorativi di chiara influenza sasanide,
la stessa che si ritrova nella decorazione a soggetto vegetale.
Questo ciclo è completato da figure isolate (apostoli, santi, precursori di
Cristo, angeli adoranti) e da raffigurazioni simboliche (l'Albero della vita,
simbolo della risurrezione di Cristo, affiancato da leoni e grifoni o disposto
ad inquadrare la protome leonina che funge da battaglio della porta; guerrieri,
arcieri, e santi-cavalieri, che alludono alla protezione e alla vigilanza). Il
programma figurativo, leggibile dal basso verso l'alto, inizia con le
raffigurazioni simboliche, prosegue con le schiere degli apostoli e dei santi
fino alle formelle cristologiche che si concludono in alto con la Maiestas
Domini, ripetuta su ognuno dei due battenti.
Le
formelle non solo corrispondono simmetricamente sulle due ante, ma talora sono
ripetute identiche dall'una all'altra: questo in modo non arbitrario, ma
coerentemente con un preciso programma figurativo che dava la possibilità di
concepire ogni battente come un'unità a sé stante.
Su
una placca argentea c’è l'iscrizione dedicatoria con i nomi del donatore e dei
suoi familiari nonché la data: Sergio Muscettola appare inoltre per due volte
inginocchiato ai piedi di San Nicola.
La
disposizione delle formelle non rispetta un preciso ordine teologico: comunque
la presenza di personaggi sacri collegati fra loro, di due santi cavalieri, San
Giorgio e Sant’Eustachio, e di combattenti vorrebbe forse alludere alla
Redenzione e alla lotta fra il bene e il male.
Nell’opera di Barisano, espressione tipica del romanico nell'Italia
meridionale, legata a suggestioni orientali, ma già in diversa misura libera
nell'interpretarle, sebbene sia ancora l'influsso bizantino a prevalere,
determinando il programma figurativo, i tipi iconografici e i caratteri
formali. Le fonti iconografiche sono state infatti individuate proprio in
ambito bizantino, nell'oreficeria, negli intagli in avorio e nelle miniature.
Le formelle e le cornici, poco rilevate, mostrano uno stile di straordinaria
dolcezza e snellezza. L'ornamentazione estremamente articolata e di grande
ricchezza formale è eseguita con cura; le figure variano nel modellato ed
hanno, nonostante lo scarso aggetto del rilievo, una forte corporeità;
l'impressione complessiva di queste pareti
figurate ricorda la preziosa superficie delle opere di oreficeria. È
possibile che Barisano abbia lavorato anche come orafo ed è comunque
presumibile che egli sia stato tanto il fonditore quanto il modellatore delle
porte di bronzo, come sembra confermare d'altronde il tratto, in larga parte
unitaria, dei rilievi. Di grande finezza esecutiva è soprattutto la porta di
Ravello, la prima realizzata: in essa si riscontra una cura particolare nella
realizzazione delle controforme.
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