Isabella di Morra (1520-1545), fu pugnalata dai fratelli a venticinque anni per una colpa non commessa. I suoi versi sono così schietti e strazianti che fanno di lei un "caso particolare" che non ammette paragoni.
Terza degli otto figli di Giovan Michele Morra, barone di Favale , e di Luisa Brancaccio. Gli altri figli furono Marcantonio, Scipione, Decio, Cesare, Fabio, Porzia e Camillo. Il barone costretto ad emigrare. Il possesso del feudo di Favale fu alienato per alcuni anni, passando alla Corona di Spagna. Dopo varie trattative legali, il feudo tornò ai di Morra, e fu affidato al primogenito del barone, un tal Marcantonio.
A Favale rimase la moglie con sette degli otto figli, compresa la giovane Isabella che spesso invocò il padre nelle sue Rime, considerandolo l'unico in grado di aiutarla nella sua situazione: i rapporti con i suoi fratelli erano infatti aspri e continuarono ad incrinarsi fino alla tragedia.
Isabella manteneva una relazione segreta con Diego Sandoval de Castro, poeta a sua volta e barone di Bollita, inviandogli messaggi e versi tramite il suo maestro. Scoperta la relazione i fratelli di Isabella uccisero la poetessa e il suo pedagogo nel 1546. Poco più tardi ammazzarono in un agguato in bosco di Noepoli anche Diego Sandoval per poi fuggire in Francia.
Di che natura fosse la relazione tra Diego Sandoval de Castro e Isabella rimane ad oggi un mistero. le lettere che don Diego spedì ad Isabella furono inviate a nome di sua moglie, Antonia Caracciolo.
Gli storici hanno così supposto che Isabella e Antonia Caracciolo si conoscessero già prima dell'inizio dello scambio epistolare. Le risposte di Isabella sono andate perdute. Che si trattasse di una relazione sentimentale o di una semplice amicizia intellettuale in condizioni di duro isolamento, i fratelli ne furono informati già alla fine del 1545. Decio, Cesare e Fabio decisero rapidamente di porre fine alla relazione uccidendo prima la sorella e poi il nobile spagnolo. Alcune fonti ipotizzano che fu picchiata a morte, mentre altre fonti italiane indicano che fu pugnalata.
Don Diego, temendo che la vendetta si abbattesse su di lui, si munì inutilmente di una scorta: i tre assassini, con l'aiuto di tre zii, gli tesero un agguato vicino al bosco di Noepoli e lo uccisero.
L'assassinio di don Diego de Sandoval provocò, all'epoca, reazioni di deplorazione molto ampie, ma non l'uccisione di Isabella. Nel codice d'onore del XVI secolo, era infatti ammissibile lavare col sangue il disonore arrecato alla famiglia da uno dei suoi membri, specie se donna. Ciò che non era ammissibile era il coinvolgimento di persone terze nella risoluzione di un contenzioso mediante duello e l'uccisione, a tradimento, di un superiore in rango. Per questi motivi, i tre fratelli furono costretti a fuggire in Francia, dove raggiunsero Scipione e il padre.
Isabella trascorse la maggior parte della sua breve esistenza nel Castello di Valsinni, in Basilicata, un castello in cui leggende locali vogliono il fantasma della poetessa infestare silenziosamente il sito.
L'interesse attorno alla figura e all'opera di Isabella di Morra è cresciuto nel corso dei quattro secoli e mezzo che ci separano dalla sua morte, nonostante ci siano giunte soltanto tredici poesie.
La tragica biografia di Isabella ha oscurato la comprensione e il pieno apprezzamento dei suoi testi e più tardi la sua opera è stata letta in chiave femminista senza però tener conto del retroterra dell'epoca.
I tredici testi giunti fino a noi furono scoperti dagli ufficiali del Viceré, durante l'indagine che seguì l'uccisione di Don Diego de Sandoval, quando il Castello di Valsinni fu perquisito. Non ci furono notizie ufficiali inerenti alla sua vita fino a che suo nipote Marcantonio non pubblicò una storia della famiglia.
Isabella mi è sempre apparsa come precorritrice delle tematiche esistenziali care a Leopardi, come la descrizione del natio borgo selvaggio e dell'invettiva alla crudel fortuna.
Ascoltiamo le sua voce
I fieri assalti di crudel Fortuna
scrivo, piangendo la mia verde etate,
me che 'n si vili ed orride contrate
spendo il mio tempo senza loda alcuna.
Degno il sepolcro, se fu vil la cuna,
vo procacciando con le Muse amate,
e spero ritrovar qualche pietate
malgrado de la cieca aspra importuna;
e, col favor de le sacrate Dive,
se non col corpo, almen con l'alma sciolta,
esser in pregio a più felici rive.
Questa spoglia, dove or mi trovo involta,
forse tale alto re nel mondo vive,
che 'n saldi marmi la terrà sepolta.
Ed ancora:
D'un alto monte onde si scorge il mare
miro sovente io, tua figlia Isabella,
s'alcun legno spalmato in quello appare,
che di te, padre, a me doni novella.
Ma la mia adversa e dispietata stella
non vuol ch'alcun conforto possa entrare
nel tristo cor, ma, di pietà rubella,
ha salda speme in piano fa mutare;
ch'io non veggo nel mar remo nè vela
(così deserto è l'infelice lito)
che l'onde fenda o che la gonfi il vento.
Contra Fortuna allor spargo querela,
ed ho in odio il denigrato sito,
come sola cagion del mio tormento.
Su di lei nel 2005 è stato girato un film, Sexum Superando - Isabella Morra diretto dalla regista Marta Bifano