Premessa al Gotico internazionale franco fiammingo
Entrare nell’arte franco fiamminga del “Gotico internazionale” non è stata cosa da poco per chi come me non è francese, ma soprattutto non è belga o olandese o lussemburghese perché per un italiano di media cultura è come trovarsi di fronte a luoghi a eventi e a personaggi quasi tutti sconosciuti e indistinti per i quali diventa un’impresa anche solo ricordarne i nomi, che spesso sono declinati sia in francese sia in olandese.
A partire dai luoghi di questo viaggio, mi sono trovato in una Francia in via di formazione che già tendeva da qualche tempo a diventare faticosamente uno Stato nazionale, ma a cui si opponevano i sovrani inglesi, padroni di grandi feudi sul suolo francese e rivendicavano per ragioni dinastiche addirittura la corona di Francia dopo la morte di Filippo il Bello nel 1314 senza eredi maschi. Ma alla Francia si opponevano anche i Duchi di Borgogna, imparentati strettamente alla famiglia reale francese dei Valois, che fra la fine del Trecento e la metà del Quattrocento manifestarono una tendenza separatista dal regno di Francia per creare uno stato autonomo che ricopriva il vecchio Ducato di Lotaringia, che per un pelo non nacque e che oggi ricopre più o meno i territori del Benelux.
La stella polare di questa mia indagine è stato il primo duca di Borgogna della casa di Valois, Filippo l’Ardito, e attraverso il suo sguardo ho cercato di interpretare la Storia e l’Arte che si svilupparono durante la sua vita in questa ampia regione d’Europa parlante due lingue e due linguaggi artistici diversi in questa tarda fase del Medioevo.
Al fine di rendere più chiara la comprensione di una situazione tanto complessa comincerò ad accennare ai protagonisti del mecenatismo di questa fase, formato per lo più dalla casa di Valois.
Osserviamo chi vede intorno a sé Filippo l’Ardito (1342-1404).
Quando Filippo nasce, sul trono di Francia c’era suo nonno Filippo VI, di cui portava orgogliosamente il nome, che aveva inaugurato la dinastia reale dei Valois. Filippo VI, detto il Fortunato, era stato incoronato nel 1328 ed era morto cinquantasettenne nel 1350.
Per la verità il suo regno tanto fortunato non era stato: nel 1337 era scoppiata la “Guerra dei Cent’anni” e nel 1346 era stato duramente sconfitto nella battaglia di Crécy. La situazione si era aggravata in Francia nel 1348 con lo scoppio della peste nera che aveva falcidiato l’Europa, ma con particolare violenza la Francia. Questo sovrano, troppo impegnato nei giochi di potere, non fu un grande mecenate.
Alla sua morte gli successe al trono il trentunenne padre di Filippo, Giovanni II detto il Buono che fu in carica dal 1350 al 1364. Giovanni aveva sposato la principessa Bona di Lussemburgo, sorella dell’imperatore Carlo IV, dalla quale ebbe undici figli e una discendenza assicurata. Bona morì di peste nel 1349 quando Filippo aveva appena sette anni. Giovanni II, aveva un carattere molto sensibile, spesso non riusciva a controllare le sue emozioni o abbattendosi o avendo scatti d’ira, ma amava molto i libri e la musica. Sconfitto nella battaglia di Poitiers nel 1350, mostrò una condotta eroica e fu catturato dagli inglesi insieme al quattordicenne Filippo e fu tenuto in prigionia in Inghilterra per quattro anni, finché non fu pagato il riscatto. Giovanni II fu un discreto mecenate.
Quasi tutti i suoi figli furono dei validi mecenati.
Carlo V, fratello maggiore di Filippo, succedette al trono del padre nel 1364. Durante suo regno, la Guerra dei Cent’anni riprese sebbene non ci furono epiche battaglie, ma nel 1377 si aprì lo “Scisma d’Occidente” che avrebbe lacerato l’Europa fino al 1418. Carlo V fu un buon mecenate. Amante del lusso spese molto per circondarsi di oggetti preziosi: trasformò e abbellì il Palazzo Reale del Louvre, edificò l’Hotel de saint Pol, e completò il “castello di Vincennes”. Colto, amante della letteratura della filosofia e delle scienze, Carlo V fondò la prima biblioteca reale in Francia, quella che in seguito fu la "Bibliothèque Nationale de France", che era ospitata al “Palazzo Reale del Louvre”, e dotata, tra le altre opere, di traduzioni di autori antichi eseguite appositamente per lui.
Il secondogenito del re Giovanni II, Luigi, fu creato dal padre duca d’Angiò e come mecenate si ricorda principalmente per essere stato il committente dell’arazzo di Angres.
Il terzogenito di Giovanni II, omonimo del Re fu creato dal padre duca di Berry. Giovanni di Berry fu un grandissimo mecenate. Uomo di grande cultura, ma di nessun interesse e valore politico, fu un grande collezionista che raccolse vasi antichi, arazzi, monete, pietre preziose, gioielli, reliquiari, ritratti di sovrani francesi e di cammei e, come il più moderno dei mecenati, il Duca fu uno scopritore di talenti come avvenne nel caso dei fratelli di Limburgo. Purtroppo le sue collezioni andarono in gran parte disperse durante la “Guerra dei Cent’anni” e morì coperto di debiti.