Pio IV de’ Medici guidò la chiesa con un grande equilibrio e
con buon senso. Egli era molto apprezzato dal popolo per i suoi modi ed è stato
ricordato per le sue decisioni ecclesiastiche e politiche, per le sue
innovazioni e per i buoni rapporti e la collaborazione con gli artisti del
tempo.
Giovanni Luigi Angelo de’ Medici di Marignano nacque a
Milano nel 1499 da Bernardo de’ Medici e Cecilia Serbelloni. La sua giovinezza
fu ricca di traversie, sia per ragioni familiari sia politiche. Compiuti gli
studi giuridici, fu avviato alla carriera ecclesiastica, sotto la protezione
del futuro Paolo III Farnese. Da cardinale fu commissario della Lega
Smalcaldica, la lega difensiva dei principi protestanti del Sacro Romano
Impero. Giovanni de’ Medici fu uno dei favoriti di Paolo III Farnese e Paolo IV
Carafa che, peraltro, lo inserì nella Congregazione del Sant’Uffizio
nell’autunno del 1556.
Durante la sua carriera ecclesiastica, Giovanni de’ Medici
si legò molto a Giovanni Morone (1509-1580) e Alessandro Farnese (1545-1592) e
quest’ultimo, col nome di Paolo III, gli affidò numerosi incarichi
nell’amministrazione dello Stato della Chiesa.
Alla morte di Paolo IV Carafa, fu eletto papa la notte di
Natale del 1559 e volle chiamarsi Pio per indicare la mitezza che si proponeva
nel suo governo.
Nel giorno dell’Epifania, Pio IV per dare un’immagine
materiale del proprio regno, lanciò denaro al popolo accalcato sulla scalinata
di S. Pietro provocando morti e feriti.
Nel 1560 Pio IV aprì un processo contro i seguaci
intransigenti di Paolo IV, in particolare contro il cardinale Carlo Carafa, il
quale, esiliato da Roma, ebbe la sfrontatezza di ritornare in città: i
principali capi d’accusa contro di lui riguardavano la sua condotta durante il
pontificato di Paolo IV Carafa e furono il tradimento, l’estorsione, la frode,
nonché l’assassinio della moglie di Giovanni Carafa.
L’opera più proficua di Pio IV è però senz’altro la ripresa
del Concilio di Trento con la bolla del 29 novembre del 1560, la cui riapertura
si ebbe solo due anni dopo. Il Concilio doveva innanzitutto portare a termine
la dottrina dei sacramenti e più di una volta si affacciò il pericolo di uno
scioglimento di quest’ultimo.
Pio IV con l'aiuto del nipote cardinale Carlo Borromeo,
futuro arcivescovo di Milano, riaprì, nel 1562, i lavori conciliari. Fu
affrontata la questione del sacrificio della Messa, considerato memoriale
e ripresentazione in maniera reale dell'unico sacrificio di Gesù sulla croce, sacerdote e
vittima perfetta, condannando con ciò le idee luterane e calviniste della Messa
come semplice ricordo dell'ultima cena e del sacrificio di Cristo.
Nel 1561 Pio IV operò la grande trasformazione delle Terme
di Diocleziano con la costruzione del monastero e del relativo chiostro della
certosa di S. Maria degli Angeli, più conosciuto come Chiostro Michelangiolesco.
Tra le opere più significative ricordiamo la costruzione della Porta Pia, una
delle ultime opere di Michelangelo e la chiusura dell’antica Porta
Nomentana. Per quanto riguarda la Casina di Pio IV, essa fu completata nel 1561
come residenza estiva del papa. Circondata da alberi e giardini, la Casina è un
gioiello che conserva affreschi, illusioni prospettiche, mosaici e fontane del XVI
secolo.
Nel 1562 Pio IV diede facoltà a Teresa d’Avila, una delle
figure più importanti della Riforma Cattolica grazie alla sua attività di
scrittrice e riformatrice delle monache e dei frati carmelitani scalzi, al
quale aderì anche Giovanni della Croce quando scelse la vita religiosa per
l’attrazione che esercitava sul suo animo.
Presso la corte di Pio IV trovarono protezione e lavoro Michelangelo,
Giovanni da Udine, Daniele da Volterra e lo stesso Papa agevolò molto anche
l’arte della stampa chiamando a Roma il facoltoso stampatore Paolo Manuzio,
figlio di Aldo Manuzio.
Pio IV, durante il suo Papato, assolse e reintegrò nel Sacro
Collegio il Cardinal Giovanni Morone (Milano, 25 gennaio 1509 – Roma, 1º
dicembre 1580), processato e incarcerato da Paolo IV per eresia. Inoltre, fece
redigere una nuova edizione dell’Indice di libri proibiti e contemporaneamente
autorizzò la repressione dei Valdesi in Calabria e in Puglia e combatté il
Calvinismo in Francia.
A chiudere con il Concilio di Trento furono i cardinali Morone
e in qualità di legato a latere Bernardo Navagero (Venezia, 1507 – Verona,
13 aprile 1565) nel dicembre del 1563 per volontà di Pio IV.
Nel 1564 Pio IV concesse ad un buon numero di diocesi
germaniche la comunione con la concessione del calice per i laici ed il
matrimonio per i sacerdoti, linea politica richiesta dall’imperatore nella
speranza di una riconciliazione fra il Protestantesimo germanico e la Chiesa
Cattolica. A causa di queste concessioni, Pio IV fu oggetto della Congiura di
Benedetto Accolti, profondamente contrario a queste proposte. Lo sgangherato progetto
prevedeva l’accoltellamento del papa con uno stiletto avvelenato, avvolto in un
panno di velluto nero durante un’udienza nella Stanza della segnatura. La
congiura fallì per il tradimento di uno dei congiurati, i quali in seguito alla
delazione furono arrestati, interrogati e torturati. Dietro questo stravagante
progetto c’erano dei risvolti ideologici come l'ancor vivo filone
profetico-savonaroliano e la speranza di "un generale rinnovamento
spirituale e morale della Chiesa". Due elementi fornirono infatti un
credibile movente sia alle dichiarazioni ufficiali dei protagonisti durante il
processo, sia alle successive interpretazioni della storiografia. Questa
lettura "mistica e spirituale", per la liberazione d'Italia e
l'ascesa di un papa "vero e santo", è però contraddetta da un'altra
ipotesi sulle motivazioni e sui mandanti: gli sforzi papali di conciliazione
nei confronti dell'imperatore e dei protestanti, incontravano infatti una sorda
opposizione e il progetto di "concedere la comunione con il calice ai
laici e il matrimonio dei preti" era destinato a scontrarsi con la Spagna
di Filippo II e con l'Inquisizione romana. Il malcontento nei confronti di Pio
IV, inoltre, era alimentato da una politica interna che accresceva la pressione
fiscale, intervenendo nell'amministrazione della giustizia e favorendo i
familiari del pontefice. Sono proprio questi "elementi contestuali" che
gettano nuova luce sull’episodio della congiura, inserendolo problematicamente
nella storia di un pontificato e dell'Europa. Al di là di questo episodio, si
nasconde poi uno scenario ancor più complesso. Da una parte c’è Pio IV,
filoimperiale, che concede ad alcuni vescovi tedeschi il permesso di
comunicare; che vorrebbe riportare il Santo Uffizio sotto il controllo del
papa; che riabilita il cardinale Morone; che prova a tenere circoscritto il
fervore intransigente dei suoi avversari pronti a vedere l’eretico anche nella
stessa persona del papa. Un’azione verso la moderazione che però viene condotta
con estrema durezza anche attraverso processi e condanne a morte importanti,
come quella dei parenti e collaboratori di Paolo IV, Carlo Carafa e suo
fratello Giovanni duca di Paliano, decapitati nel 1561 e, soprattutto,
un’azione che non riesce a conquistarsi il favore del collegio cardinalizio.
Dall’altra parte, opposti a Pio IV l’ombra del suo predecessore Paolo IV Carafa
e soprattutto il suo successore Pio V, Michele Ghisleri, braccio destro di
Paolo IV e Sommo inquisitore sotto l’ala di Filippo II, cui certe scelte
dottrinali più intransigenti sono necessarie. Il cardinale Ghisleri riesce, diversamente
da Pio IV, a raccogliere intorno a sé un’atmosfera di rispetto e di sostegno, a
partire da alcune figure legate al papa, come Carlo Borromeo, fino ai
congiurati.
I congiurati sono condannati a morte e la versione ufficiale
sarà che si è trattato di eretici isolati; una spiegazione tutta spirituale che
non indebolisce un papato già molto debole. Una posizione che la storiografia
ha più volte riconosciuto come funzionale all’interesse del potere minacciato e
che in altre occasioni è stata utilizzata.
Nella bolla Benedictus Deus del 26 gennaio 1564, Pio IV
istituì una Congregatio Sancti Concilii, una congregazione sorta per la
corretta interpretazione dei canoni del Concilio di Trento.
Infine Pio IV nel 1564, approvò tutti i decreti
conciliari e incaricò una commissione di vigilare sulla corretta
interpretazione e attuazione degli stessi.
Pio IV si
ammalò non riacquistando più salute e morì la notte del 9 dicembre 1565.