La reggia di Quisisana, situata nelle
colline di Castellammare di Stabia, è un Palazzo Reale di antichissima
tradizione che prende il nome dal volgare Casasana
tradotto più tardi dal Re Carlo II d’Angiò con Qui-si-sana che darà il nome alla frazione di Castellammare di
Stabia.
La
struttura originaria risale al XIII secolo e, nelle varie epoche storiche, ha
cambiato spesso la sua destinazione d’uso: da palazzo reale a collegio, poi
albergo fino all’abbandono e al conseguente restauro.
La
zona collinare, nella quale fu realizzata la struttura, è nota per essere
salubre e per offrire un bellissimo scorcio sul panorama del golfo di Napoli.
Nel 1268 esisteva a Quisisana la casa di re Carlo I d'Angiò e, poiché gli
Angioini avevano conquistato il Regno di Napoli soltanto due anni prima, è
ipotizzabile che la costruzione del Palazzo Reale possa risalire, quanto meno,
a Federico II. Durante il periodo Angioino (1266 – 1442), il titolo di Qui-si-sana fu favorito anche da Carlo
II d’Angiò che, risiedendo già dal 1268 in una casa costruita in prossimità
della Reggia, guarì da una seria malattia. Grazie alla bellezza del palazzo,
inoltre, per diversi anni questo fu meta preferita per la residenza estiva dei
regnanti. Successivamente Roberto d’Angiò ampliò la struttura dotandola di
un’apertura verso il mare e di un immenso giardino. Il Palazzo contava, quindi,
tre edifici semi-indipendenti a due piani e a forma ortogonale, disposti a poca
distanza l’uno dall’altro. Nei secoli successivi non vi furono modifiche né
abbellimenti. Poi nel 1401, in seguito ad una violenta epidemia di peste,
Ladislao di Durazzo si rifugiò con la sua famiglia nel Palazzo Reale di
Castellammare, luogo che rimase immune da ogni contagio. Stessa storia si
verifica nel 1420 sotto il regno di Giovanna II. Molti visitatori sceglievano
così la collina per riposare e trovare ristoro. Le cronache di Napoli di quel
tempo segnalarono numerose guarigioni che aumentarono la fama di Quisisana. Tra
i tanti visitatori, i più illustri furono: Giovanni Boccaccio, che frequentò e
conobbe molto bene la frazione fino ad ambientarvi alcune novelle del suo
Decameron.
Nel
1541 il Palazzo diventò proprietà della famiglia Farnese insieme a tutto il
feudo di Castellammare e da quel momento cominciò il periodo di abbandono e
degrado.
Non
si hanno notizie rilevanti fino a quando nel 1734 Carlo III di Borbone salito
sul trono di Napoli e Sicilia, portò in dote le proprietà di sua madre
Elisabetta, ultima discendente dei Farnese e tra queste anche il Casino di
Quisisana, considerato il sito reale più antico del Regno.
Durante
il Regno Borbonico cominciò il periodo di massimo splendore del palazzo al
quale i sovrani diedero l’aspetto che oggi possiamo ammirare. Tra il 1758 e il
1764 il palazzo fu oggetto di ampliamenti e abbellimenti: Ferdinando IV avviò
la prima fase di lavori che inglobarono ed ampliarono i vari volumi saldandoli
fra loro ottenendo un elemento ad L
che permetteva un migliore invito verso Castellammare e consentiva la visione
di un panorama unico. Nel 1796, il parco interno alla villa raggiunse una
splendida sistemazione: a complemento d’arredo furono allestite quattro
fontane, chiamate, le fontane del re,
furono collocati sedili di marmo, statue e furono creati dei belvedere da dove
si poteva vedere tutta la città di Napoli.
Anche
napoleonidi Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, re di Napoli, e Carolina
Bonaparte, sorella di Napoleone e moglie di Gioacchino Murat, soggiornarono per
lungo tempo presso il Palazzo.
Francesco
I amò particolarmente questo luogo dove spesso organizzava sfarzosi
festeggiamenti durante i quali i viali del parco erano aperti al pubblico e
passava lunghi periodi a Castellammare godendo anche del suo mare.
La
sistemazione definitiva del palazzo fu data da Ferdinando II il quale sistemò
il parterre della villa secondo uno schema tipicamente anglosassone. Il
declivio della collina permise poi la definitiva sistemazione dell’involucro
murario creando, in tal modo, il grande porticato e l’elemento ad U che lo completava a valle, riuscendo a
trovare spazi per le scuderie e le cucine.
Al
piano nobile fu creata una loggia, che era specificatamente adibita al diletto
di sua Maestà, il quale così poteva sparare
alle quaglie. Si aggiunse un ulteriore piano al blocco prospiciente il mare
che faceva da completamento ideale a quella facciata neoclassicheggiante che
vedeva un basamento pronunciato reggersi sul solido portico e dal quale si
dipartivano una serie di paraste corinzie che intervallavano, con una cadenza irregolare
una facciata finita a stucco ed intonaco.
Inoltre,
la reggia è circondato da un giardino all'italiana di circa 20.000 metri
quadrati: si possono ammirare diverse specie di alberi come il pino d'Aleppo,
il tasso, il leccio, l'abete bianco, il bosso, il cedro del Libano, l'asfodelo,
il pungitopo, il corbezzolo e il platano, mentre come fiori si trova il
ciclamino, la ginestra dei carbonai e il biancospino.
Durante
il restauro si è pensato anche alla sistemazione del giardino con la creazione
di sentieri in terra battuta e lastricati di basoli, lastre di roccia di origine vulcanica o calcarea
di notevole peso e dimensioni (spesso 50x50 cm o 60x60 cm), impiegata per le
pavimentazioni stradali. Intorno al complesso della reggia sorge un
grande parco che si estende su buona parte del versante stabiese del monte
Faito.
Il
parco della reggia di Quisisana, realizzato nel XIII secolo dai sovrani Angioini,
si estende dalla zona che va dal rivo San Pietro al rivo della Monache
sull'asse est-ovest e dal monte Faito alla statale Sorrentina sull'asse
nord-sud. Nel 1759, grazie a Ferdinando IV, il parco visse il massimo periodo
di splendore: furono infatti realizzate delle imponenti opere murarie che lo
circondavano lungo tutto il suo perimetro, si regolarizzò il flusso delle
acque, con la costruzione di un impianto costituito da fontane che si
innestavano in una sorta di tridente di assi, oggi non più funzionante, ma ancora
ben visibile, e fu aperti una serie di viottoli talvolta con lo scopo di godere
dello splendido panorama sul golfo; fu costruita una torre e poi scale, panche
in marmo e viali; tutti i contorni delle aiuole furono rifiniti in pietra di
tufo e fu creato un sistema di cinque fontane, che si snodavano lungo il viale
principale che era costeggiato da due file di platani ed ippocastani.
Il
complesso di fontane prende il nome di Fontane
del Re: tre sono a vasca, una in pietra lavica finemente decorata,
incassata in un terrapieno ed una in marmo bianco, di dimensioni più piccole
rispetto alle altre e mancante dei due piedistalli in marmo. Purtroppo oggi
queste fontane versano in uno stato di totale abbandono.
La
flora presente all'interno del parco è costituita da alcuni alberi monumentali
tra cui un pino d'Aleppo dalla circonferenza di 4,95 metri, ma anche nespoli
del Giappone, palme delle Canarie, eucalipti, pini marittimi, cipressi italiani,
camelie e magnolie; nella zona dove sorgeva la masseria sono presenti dei
frutteti, mentre nella zona della selva castagni, carpini, olmi e lecci.
Durante
il periodo borbonico il Casino Reale ospitò reggenti, personaggi illustri e
amici dei Borbone, confermando sempre la sua natura di luogo ameno e salutare.
Ma con la fine del Regno Borbonico la Reggia fu abbandonata e depredata dai
briganti: tutti gli interni furono saccheggiati e distrutti; le statue, i
quadri, gli ori, gli oggetti e i tessuti sparirono. La Reggia, o almeno quello
che restava, entrava a far parte dei Beni Riservati della Corona di Casa
Savoia.
Dal
quel momento cominciò lo stato di abbandono della Reggia di Quisisana: alla
morte di Vittorio Emanuele II, con regio decreto di autorizzazione del 24
luglio 1878, il palazzo e la tenuta furono ceduti al Comune di Castellammare di
Stabia; il 31 maggio del 1877, grazie alla proposta del Ministro Depretis, la
Regia fu declassata a Demanio dello Stato. Le proprietà immobili costituivano
un totale di 49.400 mq. Oltre al palazzo, che con i suoi due piani e ammezzati,
cappelle e due terrazze contava circa cento stanze, vi erano altri cespiti. Una
cereria, il maneggio, due scuderie, due rimesse, due sellerie, una masseria,
una casa colonica, una torre, una chiesa e vari alloggi per il personale. Il
parco, invece, misurava 19.100 mq. Castellammare, che nel frattempo era
diventata una delle tappe del Grand Tour, continuò a mantenere un turismo
stagionale che trovava meta soprattutto nelle cure termali. Probabilmente
l’idea di destinare ad uso di albergo l’ex Casinò reale di Quisisana nacque in
seguito alle svariate richieste pervenute al sindaco di Castellammare di poter
prendere in fitto un quartierino
proprio in questa villa. Come risulta da una guida di Castellammare del 1898,
l’albergo prese il nome di Hotel
Margherita, in omaggio forse alla regina d’Italia. Ma, a quanto pare, non
ebbe lunga vita se già nel 1902 risultava dismesso.
Nelle
estati del 1909 e 1910 ospitò il Collegio della Nunziatella di Napoli e allo
scoppio della Prima Guerra Mondiale fu adibito ad ospedale militare alloggiare
i feriti durante e dopo la guerra e ad alloggio per il Corpo Reale Equipaggi.
Il
palazzo rimase in stato inattivo fino al 1923, quando, per volere del sindaco
Francesco Monti, il complesso che conta circa 200 camere, riaprì i battenti con
un nuovo nome: Royal Hotel Quisisana
elencato nella Guida d’Italia del Touring Club come albergo di 1° ordine
con 140 posti letto.
Allo
scoppio del secondo conflitto mondiale, nel 1940, fu nuovamente requisito dalle
autorità militari come ospedale e tale fu il suo utilizzo fino alla fine della
guerra.
Dal
1960 in poi, la mancanza di qualsiasi forma di manutenzione e tutela, condusse
nuovamente il Palazzo in uno stato di abbandonato e di degradato.
Il
terremoto del 1980 provocò diversi crolli sia nella struttura portante sia nei
solai e nelle scale, dando il colpo di grazia al glorioso fabbricato.
Nel
1994 l’Amministrazione comunale guidata da Catello Polito chiese, tramite la
Regione Campania, il finanziamento per restaurare la Reggia di Quisisana e
destinarla a Museo e a Scuola di restauro. Nell’agosto del 1995 il CIPE
finanziò il restauro per complessivi 38 miliardi di lire, per combattere la
crisi d’occupazione nell’area torrese-stabiese. Nel 1996 il Comune di
Castellammare di Stabia e la Soprintendenza archeologica di Pompei firmarono
una convenzione per stilare il progetto esecutivo di restauro. Nel 1997 una
Conferenza di servizi ha licenziato il progetto di restauro del Palazzo, che
sarebbe poi stato approvato definitivamente dalla Giunta comunale nel giugno
1998. Nel 1997 l’Ufficio Tecnico del Comune di Castellammare di Stabia ha
redatto il progetto di consolidamento e di restauro dell’ex Casino Reale del
Quisisana, immobile di proprietà comunale per destinarlo a Museo e Scuola di
Restauro. L’attività di progettazione risultò notevolmente complessa, in
particolare perché occorreva rendere compatibili la tecnica costruttiva
antisismica con l’esigenza di conservazione e di recupero delle caratteristiche
strutturali proprie dell’edificio monumentale.
Oggi
il Palazzo Reale è interessato da numerosi progetti: il primo ospitare un Museo
Cittadino, per raccogliere i reperti provenienti dagli scavi di Stabiae, e
un’Accademia di Restauro di altissimo livello; la seconda opzione sarebbe
quella di destinarla ad una funzione ricreativa e la terza, infine, sarebbe
quella di realizzare un casinò. Nel frattempo che si trovi un’adeguata opzione,
all’interno della Regia si svolgono incontri di tipo letterario in inverno,
mentre in estate, nel giardino, viene tenuto il Quisisana Festival cioè concerti di musica classica.
Manuela
Montuori