Le
realizzazioni e i progetti più importanti del '400 furono legati ai nomi di
grandi committenti e di esperti architetti. Gli interventi furono fortemente
caratterizzati dalle esigenze e dalle personalità del committente si tratta
dunque di strutture e di forme nelle quali si rispecchiavano soprattutto i gruppi
di potere.
Nel Rinascimento vi fu una fioritura di
modelli teorici di città ideali,
caratterizzate da una rigorosa simmetria, basate non più sulla casualità, come
avveniva nel Medioevo quando l’architettura era spontanea, ma su di una
concezione razionale degli spazi urbani e delle strutture architettoniche.
Per architettura
spontanea nel Medioevo si intendono le costruzioni di cui gli uomini si servivano
per rispondere a molteplici esigenze: abitativa, lavorativa, immagazzinamento
di attrezzi e prodotti. L’espressione architettura spontanea fu creata dallo storico e architetto Bernard
Rudofsky (1905 – 1988)
per indicare quelle forme edilizie
spontanee quei tipi di architettura non sottoposti a regole fissate dalla
comunità riguardo all'organizzazione del territorio e alla tipologia edilizia
ecc. Inoltre tali costruzioni erano caratterizzate da tecniche costruttive e
materiali adeguati alle condizioni ambientali, climatiche e morfologiche della
zona. Si trattava sostanzialmente di un’architettura legata alla vita familiare
e sviluppata fra l'alto Medioevo e il XIV secolo: la famiglia aveva
bisogno di costruzioni articolate in diversi spazi perché nell'abitazione vi
risiedevano più famiglie imparentate, strettamente, inoltre la famiglia
costituiva un’unità produttiva legata all'agricoltura e al sostentamento. Le caratteristiche di
questo tipo di architettura si mantennero immutate nel tempo, tanto da formare
un insieme omogeneo e rendere difficile un’esatta datazione degli edifici. Tra
gli elementi più peculiari ci sono sicuramente l'arco e la scala rampante
o a dorso d'asino. L'arco ha funzione
di ingresso o meglio, di passaggio tra la strada e l'abitazione, mentre ai
piani superiori delimita un particolare terrazzo. La scala rampante, appoggiata
sull'arco stesso, è la soluzione più comune per raggiungere i piani superiori.
Le volte sono sempre a vela o a botte.
Nel Rinascimento nacque invece
un'ideale di città tesa a rispondere a esigenze di purezza, armonia ed
equilibrio e questo ideale fu usato come modello per ridisegnare città
esistenti e per progettarne di nuove.
Un
precoce esempio di questo fenomeno è costituito dai nuovi insediamenti
realizzati sul territorio di Firenze, tutti progettati secondo un
tracciato geometrico e raggruppati attorno ad un quadrato centrale. Almeno uno
degli edifici più importanti di ogni città, la chiesa o il palazzo, doveva
affacciarsi sulla piazza centrale, spesso definita da un porticato. Queste
nuove aree urbane erano circondate da mura difensive altrettanto regolari. La
città è impiantata su una griglia prospettica, mentre l'elevazione di ciascun
edificio è segmentata e scandita per mezzo di strutture classiche come il
portico e la trabeazione. Data l'assoluta regolarità del progetto, nel suo
insieme, e della struttura architettonica, risulta impossibile aggiungere o
sottrarre qualcosa al disegno senza comprometterlo.
Nel
1419 Brunelleschi ricevette l’incarico di realizzare una struttura di utilità
pubblica: lo ‘Spedale degli Innocenti,
un’istituzione creata nell'ambito dell’ampio programma di centri benessere,
promosso dall'oligarchia al potere per migliorare la vita della cittadinanza,
assicurando una migliore assistenza sociale e sanitaria.
L'edificio
fu edificato su un giardino situato accanto alla chiesa della Santissima Annunziata e ceduto a poco prezzo da Rinaldo degli Albizi di cui era
proprietario.
Lo ‘Spedale degli
Innocenti era la prima istituzione di questo genere in Europa e fu ideato
per curare e allevare i bambini
orfani o abbandonati e per dar loro un mestiere: Brunelleschi qui realizzò un
esempio armonico e razionale di architettura ospedaliera nell'insieme di chiostri, portici, refettori,
dormitori, infermerie e nursery.
Nel 1421 Giovanni de’ Medici fu eletto Gonfaloniere di
Giustizia: il ricco banchiere conquistò le simpatie del popolo incominciando
una politica di opere pubbliche e d’assistenza volte a corredare le città di
attrezzature civili che si affiancassero a quelle religiose per sopperire alle
nuove e sempre più urgenti esigenze sociali. Nel vasto programma edilizio fu
compresa la costruzione dello ‘Spedale
degli Innocenti il cui patronato fu affidato all'Arte della Seta,
essendo già essa impegnata dal 1419 nei lavori di edificazione. Nel 1445,
sebbene i lavori non fossero ancora conclusi, l'ospedale divenne funzionale.
Con
quest’opera di architettura civile Brunelleschi, privilegiando l’aspetto
funzionale piuttosto che quello formale, entra ancor di più nella modernità: l’architetto,
infatti, realizzò un orfanotrofio, tenendo conto essenzialmente delle funzioni cui
esso avrebbe dovuto assolvere, rivelando in tal modo una mentalità molto avanzata
per la sua epoca. In questo contenitore
i bambini abbandonati dovevano ricevere un’istruzione, perciò creò dei
laboratori, una biblioteca e spazi per momenti di svago all’aria aperta.
Dal
punto di vista formale l’opera si presenta semplice e schematica: è un contenitore aperto solo all’interno su un cortile quadrato con due edifici rettangolari, la
chiesa e la sala dei letti, il piano
terra è composto da saloni adibiti alla scuola e da un'officina. All’esterno l’edificio si manifesta
come un porticato di grande valore urbanistico, elemento di mediazione tra la
vita privata e la vita pubblica, immaginato come una quinta muraria-filtro con
valore simbolico tra il vuoto della piazza antistante e il pieno del
contenitore.
La classificazione delle piazze – le cui funzioni si fissano
nei tre tipi, religioso la piazza della cattedrale, politico la piazza del
comune e commerciale la piazza del mercato – che nel basso Medioevo era stata
raggiunta attraverso lo sforzo continuo, teso a ordinare unitariamente la vita cittadina
in pieno sviluppo e lo spontaneo senso della proporzione edilizia, non regolamentato
da leggi, ma guidato dall'intuito urbanistico, trovarono nella tendenza a
teorizzare tipica del Rinascimento una codificazione in regole, in proporzioni,
in numeri. L'interesse e l'amore per la prospettiva e per il composto hanno nelle piazze il più ampio
e monumentale campo di applicazione e tutto ciò che nel Medioevo era empirico, nel
Rinascimento tese a fissarsi in leggi precise: era l'epoca – si è detto – delle
città ideali dei trattatisti e quella
delle fantasie prospettiche ed è
quindi ovvio che la composizione edilizia delle piazze si sia prestata alle
fantasie degli architetti e dei trattatisti. Se in realtà le realizzazioni
complete delle città ideali sono state poche, le creazioni di piazze invece furono
molte: si potrebbe dire che, gli architetti non potendo realizzare del tutto le
loro complesse città, si siano sfogati a creare quelle piazze monumentali e organiche
che, sotto l'apparenza del fantastico, nascondono lo studio sottile e ingegnoso
degli effetti prospettici. Ma in questa traduzione pratica di quelle norme che
il Rinascimento ricercava con tanta cura, il numero e il postulato si perdono
nella fantasia dell'architetto urbanista e ne rimane l'opera d'arte equilibrata
e perfetta, nella quale la pratica ha superato la teoria. Così la
caratteristica tripartizione medievale nel Rinascimento non ha più la chiarezza
dei secoli precedenti: ma la piazza diventa un episodio estetico e prospettico,
quasi uno scenario, quasi una sala di ricevimento della città.
Questo avviene con la piazza
della SS Annunziata definita da Bruno Zevi «Prototipo della misura
urbana rinascimentale». Il portico dello ‘Spedale
occupa un lato della piazza; ma una piazza non è
una scatola, è uno spazio aperto e frequentato, non si può chiuderla tra
quattro pareti–saracinesche. La facciata di un edificio che ne costituisce un
lato appartiene all'edificio e alla piazza, pertanto deve mettere in relazione
e in proporzione un volume pieno – l’edificio – e uno vuoto – lo spazio
urbanistico della piazza.
Brunelleschi pensa allora alle piazze antiche, porticate e pensa alla funzione urbana e
sociale delle logge trecentesche fiorentine – la loggia della Signoria e la loggia
del Bigallo – concepite quasi come il simbolo stesso della città, con i
suoi spazi comunitari a misura d’uomo. Progetta allora una facciata porticata o
a loggia: una superficie in cui si inscriva una profondità, un piano in cui il
volume pieno dell'edificio e il volume vuoto della piazza si compenetrino. La
proporzione tra i due volumi è espressa, su quel piano-diaframma, dalla misura
degli archi a tutto sesto, dal rapporto tra la loro apertura e l'altezza delle
colonne, e dall'apparente, prospettico scalare del piano superiore, a finestre.
Nel portico Brunelleschi introduce le volte a vela al posto della volta a
crociera, che aveva caratterizzato le architetture precedenti, e crea valori
spaziali assolutamente originali, che funsero da modello per tutto il secolo.
Le esili colonne in pietra serena, sormontate da capitelli corinzi e dalla
raffinata invenzione del dado brunelleschiano
proposero anch’esse nuovi parametri all’architettura rinascimentale che, da
Firenze, si irradiò in Toscana e nel resto d’Italia.
Le
arcate, nove come i gradini, sono pari all’altezza delle colonne e alla
profondità del portico mentre l’arco sovrastante è alto la metà di questa
misura. Nei pennacchi ci sono tondi in terracotta policroma invetriata,
realizzati da Andrea Della Robbia che raffigurano dei putti in fasce, gli innocenti,
cioè i bambini abbandonati.
L’utilizzazione
della pietra serena in contrasto con il bianco dell’intonaco, materiali scelti
soprattutto per questioni di economiche, rappresentò certamente una grande
innovazione che segnò molto dell’architettura fiorentina tanto da diventarne un
emblema, ma anche di altre aree culturali.
Il tema
della tridimensionalità lega a sé il tema del modulo geometrico che è anche modulo
compositivo. Il modulo è una misura di grandezza o un’unità che è ripetuta
più volte in maniera da dare proporzioni equilibrate a un edificio o a un
insieme di edifici. Nell'ambito dell'architettura moderna un modulo è un'unità
ripetuta più volte: l'architettura modulare è
stata molto diffusa nel XX secolo nell'edilizia popolare e industriale, basti
pensare alla produzione standardizzata, basata su un modulo replicabile all'infinito, un concetto che domina tutta la
produzione di Le Corbusier.
Per la
costruzione dello ‘Spedale
degli Innocenti, attraverso il sistema modulare Brunelleschi,
stabilendo una misura standard, costruì tutte le altre strutture adiacenti: immaginò
un modulo che si ripete, basandolo sugli schemi cubici già cari agli antichità
classica (1x1x1). Il tema progettuale è così connesso all’individuazione di
questo ritmo; nel porticato tuttavia, a un certo punto il ritmo s’interrompe:
Brunelleschi creò allora due ultimi elementi sciolti ritmicamente dal resto
dell’edificio. Con lo ‘Spedale
degli Innocenti, Brunelleschi affrontò un motivo consueto negli
edifici fiorentini del tardo Trecento, ma con spirito del tutto nuovo. Questa
tendenza a risolvere in rapporti perfettamente misurabili ogni membro
architettonico e ad attingere una nuova bellezza attraverso la tensione delle
linee, delle superfici, dei volumi distribuiti rigorosamente in articolazioni
organiche, costituisce la grande originalità di Brunelleschi.
Il portico–facciata dello ‘Spedale degli Innocenti è la prima architettura realizzata secondo
il modello della prospettiva fiorentina, per cui le dimensioni degli oggetti
dipendono esclusivamente dalla distanza rispetto all'osservatore, ubbidiscono
dunque a un criterio spaziale propriamente detto. Sotto questo portico, l'intera
modernità occidentale nasce e stabilisce la subordinazione degli esseri umani a
un'immagine spaziale del mondo. Una volta entrati, si tratta soltanto di
attenersi alla semplicissima prescrizione del progettista per passare, sebbene
immobili, da una realtà all'altra, dal mondo al Nuovo Mondo che in parte è
ancora il nostro. Basta infatti disporsi a una parte estrema e guardare da
fermi tutto e subito di fronte a sé, verso la finestra che si apre nel vano
della porta cieca che si ha davanti, per trovarsi costretti a dover risolvere
un problema ignoto precedentemente, cioè se credere al proprio tatto o alla
propria vista: il primo dice che le linee della struttura del portico sono
parallele, la seconda scopre invece che in corrispondenza del punto di fuga
situato al centro del finestrino, esse tendono a convergere. È così che nasce lo
sdoppiamento intellettuale dell’uomo moderno, per la prima volta obbligato a
decidere di quale dei suoi sensi fidarsi. La contraddizione consiste nel fatto
che se anche il clamore della trovata della prospettiva moderna significò la
fine della geometria classica, il grandioso programma moderno è consistito
nella trasformazione di tutta la Terra in un unico spazio.
Massimo Capuozzo