"La casa del signore sarà ornata
leggiadramente,
di aspetto piuttosto dilettevole che superbo".
Leon Battista Alberti
La strada spianata a Firenze
da Filippo Brunelleschi era stata seguita, oltre che da Michelozzo, da Leon
Battista Alberti.
I palazzi costruiti a
Firenze nel Quattrocento assunsero caratteri e forme nuove che si tramanderanno
per tutta la modernità nei palazzi d'Italia e d'Europa. Il palazzo italiano si fissa
in una forma cubica, severa all'esterno e più ariosa all'interno per la presenza
di una ampia corte porticata, grande metafora della vita intima che vi si
schiudeva all’interno.
Per comprendere la
nuova forma del palazzo patrizio del Rinascimento fiorentino è tuttavia opportuno
comprenderne la genesi che parte dalla casa-torre
toscana e dal palazzo comunale
dell'Italia centrale: un blocco a bugne rudi, segnato da cornici marcapiano,
chiuso in basso come una fortezza e aperto nei piani superiori da bifore che, pur
avendo sapore classico nei loro particolari, conservano nello spirito le forme di
Arnolfo stabilite in palazzo Vecchio.
Il coronamento è una cornice con ornamenti classici, ma il suo aspetto
massiccio ricorda la corrucciata rudezza delle cornici a beccatelli, ossia
quella teoria di mensole che permetteva, soprattutto
nei castelli, di dare appoggio ad una parte di edificio di pianta maggiore di
quella sottostante.
Una forma intermedia che contribuisce alla formazione di questo schema si rileva in molte edifici trecenteschi a blocco quadrato, in cui predomina il muro a ornamento liscio di pietra o di mattoni, senz'altro decorazione che la successione delle finestre e i ricorsi orizzontali di brevi cornici marcapiano come in Palazzo Davanzati a Firenze, Palazzo Tolomei a Siena e Palazzo Buonsignori a Pistoia.
Una forma intermedia che contribuisce alla formazione di questo schema si rileva in molte edifici trecenteschi a blocco quadrato, in cui predomina il muro a ornamento liscio di pietra o di mattoni, senz'altro decorazione che la successione delle finestre e i ricorsi orizzontali di brevi cornici marcapiano come in Palazzo Davanzati a Firenze, Palazzo Tolomei a Siena e Palazzo Buonsignori a Pistoia.
Con Palazzo Medici Riccardi, costruito fra
il 1444 e il 1452 da Michelozzo e con l'ancor più rude e di sapore medievale palazzo Pitti – attribuito a
Brunelleschi senza reali prove e non nelle attuali misure, (il palazzo, infatti, aveva originariamente, sette finestre sia al primo sia al
secondo piano e consentiva l'entrata non da uno ma da tre portoni) – sembra
giungere allo schema definitivo del Rinascimento fiorentino del palazzo-forte. È tuttavia questione di
poco: sorge, infatti, il palazzo a ordini
sovrapposti di cui l'archetipo è palazzo
Rucellai ad opera dell’architetto umanista Leon Battista Alberti.
Con Palazzo Rucellai il Rinascimento
guerriero dei primi tempi assume un nuovo carattere di grazia. Sebbene l'idea
unitaria del cubo vi rimanga, varia soltanto l'aspetto aggressivo grazie alle
novità delle soluzioni adottate: le bugne rudi si trasformano in un bugnato
geometrico nitidamente inciso sul muro, la larga muraglia è scandita da paraste
che delimitano spazi minori in un ritmo più aggraziato e alla poderosa cornice
dei palazzi Medici Riccardi e Pitti, proporzionata a tutta l'altezza
dell'edificio, si sostituisce una più leggera cornice adeguata all'ordine
architettonico corinzio.
Palazzo Rucellai fu costruito da Bernardo
Rossellino (1409 –1464)
tra il 1446 e il 1451 su progetto di Leon Battista Alberti, in via della Vigna Nuova nel cuore
storico (1404-1472) di Firenze, e rappresenta la summa degli ideali architettonici di Alberti,
che condensò tutta la propria doctrina
artistica in questo lavoro, raccogliendone poi gli spunti teorici nel suo trattato De
re aedificatoria del 1452,
redatto durante la sua permanenza alla corte estense di Ferrara, in onore di
papa Niccolò V Parentucelli (1397 – 1455), grande patrono del
Rinascimento artistico italiano.
In questo trattato,
divenuto un vero e proprio manuale di progettazione, Alberti spiega che
l'architettura deve imporsi più per il prestigio delle proporzioni che per la
dimostrazione di bellezza e fasto: in questo senso Palazzo Rucellai può essere considerato il primo esempio coerente di
sintesi di prassi e teoria, come si evidenzia nell'uso sapiente dei tre ordini
classici sulla facciata. La sovrapposizione degli ordini, come teorizzato da Vitruvio, è una chiara citazione del Colosseo, il quale suggerisce l'uso
dell'ordine dorico senza il relativo fregio a metope e triglifi. Anche il
bugnato a conci levigati si ispira all'architettura romana, come nel motivo del
basamento a imitazione dell'opus reticolatum.
Alberti, ispirato dalla recente attività di
Brunelleschi, aveva deciso di sperimentare
nell’edilizia residenziale l’eredità
architettonica dell’antica Roma, adattando gli schemi della monumentalità
classica alla dimensione privata della borghesia fiorentina rinascimentale. Il ricco mercante Giovanni Rucellai (1403 - 1481), chiamato Giovanni
il Magnifico per
il suo amore per la cultura e per le arti e legato ad Alberti da una profonda
amicizia e da una singolare affinità culturale, gli diede la possibilità di questa
sperimentazione e gli affidò la costruzione
della sua nuova dimora urbana, inserita in uno dei quartieri più antichi di Firenze.
Alberti dovette
quindi affrontare la duplice sfida di inserire il suo progetto originario in
uno spazio ristretto ed irregolare, delimitato all’esterno da numerosi
caseggiati di stile medievale e di dare
unitarietà ad un contesto architettonico preesistente disomogeneo: l’edificio era
infatti costituito da un complesso di tre fabbriche già esistenti e
questo significava che anche qui l'intervento di Leon Battista Alberti sarebbe
dovuto consistere, come era già successo a Rimini nel Tempio Malatestiano, in
un'opera di ricucitura di architetture preesistenti; ma, diversamente dall’intervento
di Rimini, in questo caso l’opera era molto più vincolata, perché a Firenze,
già dal XII secolo esistevano ferrei regolamenti urbani soprattutto
sull'invasione del sedile stradale – le strade, infatti per gli statuti
regolatori dovevano avere una determinata larghezza e non si poteva costruire
invadendo né in terra né in aria oltre un certo limite. L'intervento architettonico
di Leon battista Alberti in questo caso doveva quindi consistere all’esterno nella
creazione di un'architettura che avesse la dimensione dei pochissimi centimetri
a disposizione così già dal piano terra il palazzo è lievemente bugnato, sia per
la questione della larghezza della strada sia per non porsi in concorrenza con
i Medici che stavano costruendo il loro palazzo in via Larga.
Questo
ostacolo, però, anziché bloccare l’architetto, rafforzò la sua fantasia
compositiva, portandolo ad elaborare soluzioni figurative brillanti ed
efficaci, destinate a lasciare un traccia profondo
nell’architettura abitativa dell’epoca e di quelle successive.
Aiutato
da Bernardo Rossellino, Alberti
dilatò, infatti, enormemente la struttura visiva del palazzo, sfruttando con
cura ogni centimetro della superficie a disposizione. In tal modo elementi
tipici dello stile tradizionale romano – come archi, bassorilievi e pilastri – fusi
sapientemente con elementi della tradizione medievale locale – come bugnato e bifore – furono replicati in piccole dimensioni
nella facciata, dando una solida impressione di forza al
passante occasionale, ma nello stesso tempo, la struttura interna della casa era
delicatamente avvolta intorno ad un discreto cortile quadrangolare, circondato da logge
e da porticati – sebbene oggi su
due lati le arcate siano state purtroppo tamponate – offrendo ai suoi abitatori
uno spettacolo di tranquilla e silenziosa quiete con ampie arcate a tutto sesto
sostenute da colonne con capitelli corinzi molto elaborati, che ricordano
quelli delle colonne sul portale del Battistero
di San Giovanni. Il cortile per l’autore dei libri Della famiglia rappresenta il “cuore
della casa”: esso è il fulcro intorno al quale ruota la distribuzione
interna del Palazzo. Le lunette che si trovano nel soffitto dei loggiati
poggiano su elaborati peducci in pietra scolpiti in stile classico.
Organizzato
in tal modo, il complesso raccoglieva dunque
maestosità e particolarità in una sola immagine, coerentemente
declinata secondo le raffinate regole estetiche fissate da Brunelleschi nelle
sue opere precedenti.
In questo modo
l’architettura classica diventava parte integrante della sfera privata,
riducendo la propria plasticità celebrativa in un sobrio stiacciato lineare, perfetto per le esigenze sociali della
pragmatica borghesia cittadina.
La
facciata, caratterizzata da un bugnato uniforme e piatto di pietraforte – tipica dell'edilizia fiorentina ed in uso almeno
dall'XI secolo – è
organizzata come una griglia scandita da elementi orizzontali e verticali. Gli
elementi orizzontali sono caratterizzati dalle cornici marcapiano e
dalla panca di via, un
elemento in muratura e pietra,
destinato alla seduta, collocato al piede della facciata principale con lo scopo,
oltre che di seduta, di proteggere la muratura da urti dovuti al passaggio di veicoli:
la presenza della panca di via sottolineava il prestigio della famiglia che
risiedeva nel palazzo, dimostrando la sua cortesia per i cittadini ed
assicurando ai clientes in attesa di lavoro o di doni, un
sedile dove attendere, inoltre la panca di via assicurava visivamente un
basamento all'edificio, che, come uno stilobate classico, creava una sorta di
piano base per il palazzo. Nel caso di Palazzo Rucellai lo schienale della
panca riproduce il motivo dell'opus reticulatum romano. Gli elementi verticali sono
costituiti dalle paraste lisce,
tipiche dell’architettura romana che decrescono progressivamente verso i piani
più alti, dando un effetto prospettico di maggior snellezza del palazzo
rispetto alla sua vera massa e di cui Leon
Battista Alberti teorizzò le
forme come quelle di una colonna pressata su una superficie piatta e
leggermente sporgente.
Entro questa
griglia si inseriscono le aperture: al pianterreno si aprono i due portali rettangolari
classicheggianti, diversi da quelli gotici ad arco o con arco e architrave, al primo piano si aprono
ampie bifore a tutto sesto con cornice bugnata,
colonnina e oculo al centro, all'ultimo piano le paraste si alternano a bifore
dello stesso tipo, ma di altezza minore.
In alto
il palazzo è coronato da un cornicione poco sporgente, sostenuto da mensole: al di là di esso quasi si
cela una loggetta ornata da pitture a monocromo del XV secolo, da alcuni attribuite
alla cerchia di Paolo Uccello:
l'elemento della loggia è un'ulteriore riprova della rottura con la tradizione
medievale e di apertura verso la grande stagione del Rinascimento.
L'effetto
generale della facciata è vario ed elegante, per la continua vibrazione della
luce tra le zone chiare e lisce delle paraste e delle bugne e quelle scure
delle aperture e dei solchi del bugnato, quasi si trattasse di un’impiallacciatura:
lo stesso Alberti sminuì bonariamente il suo intervento, definendolo come decoro parietale.
Alberti
sintetizzò questa elaborata semplificazione nel De re aedificatoria: rifacendosi direttamente
alle dottrine di Vitruvio
e di Aristotele,
Alberti proponeva il continuo innesto delle antiche forme
geometriche (quadrato, esagono ecc.) su una pianta centrale a forma di cerchio,
nascondendo la limitatezza dei limiti imposti dal piano regolatore tramite
l’estrema varietà figurativa di questi poligoni esterni. Le concezioni architettoniche
di questo prospetto segnerà il passo un’ampia serie di declinazioni che
effettuate già nel corso di poco tempo, fu
ripreso da molti architetti rinascimentali che lo usarono con successo nelle
loro composizioni originali come nel caso di Andrea Bregno (1418-1503) che replicò fedelmente le indicazioni
di Alberti nella facciata di Palazzo
Riario a Roma e poi nel caso di Baldassarre Peruzzi nella Farnesina, e rappresentò un punto
di partenza per tutta l'architettura residenziale del Rinascimento, venendo citato quasi
alla lettera da Bernardo Rossellino per
Palazzo Piccolomini a Pienza, sebbene con minore raffinatezza di particolari e di
proporzioni. Il notevole
esperimento di Palazzo Rucellai fu ampiamente utilizzato nell’edilizia privata
per oltre tre secoli, specialmente a Roma, dove gli spazi abitativi erano sempre
scarsi e irregolari.
Tutte le
architetture che Leon Battista Alberti realizzò a Firenze furono concepite per
una stessa famiglia, la famiglia Rucellai. L'insula urbana si può definire appartenente
alla famiglia Rucellai, infatti, col passar del tempo Giovanni Rucellai
acquistò sempre più proprietà, ma soprattutto perché lo spazio dell’insula doveva essere fortemente
caratterizzato dalla famiglia. Per questo motivo il sodalizio fra Giovanni
Rucellai e Leon Battista Alberi, come si è accennato, portò ad altri capolavori
di Alberti. Nello Zibaldone Giovanni
Rucellai scrisse le sue memorie legate a tali imprese, e ricorda che per
costruire Palazzo Rucellai la parte più difficile dell'impresa sia stata quella
di convincere i vicini a vendere le loro case per realizzare il suo progetto:
quella a destra del palazzo non fu mai ceduta infatti la facciata si mostra
ancora oggi come spezzata su quel lato, con le giunture dei conci a zig zag
come se dovesse esserci una prosecuzione.
Nel 1456
il munifico mercante affidò il progetto a Leon Battista Alberti, offrendosi
di completare la facciata della basilica di Santa Maria Novella rimasta
incompleta dal 1365. Tra 1458 e 1478 fu rivestita la parte
restante di marmi policromi, armonizzando con la parte già esistente e sull'architrave
superiore campeggia un'iscrizione che ricorda il benefattore e un simbolico
anno di completamento, il 1470: l'elegante fregio marmoreo centrale con le
vele con le sartie al vento è l'emblema
araldico dei Rucellai.
Nel 1460
davanti al palazzo, sempre su disegno di Leon Battista Alberti, Antonio
Guidotti realizzò la Loggia Rucellai, composta da tre ariose arcate
a tutto sesto con colonne al centro e pilastri agli angoli, realizzata in
occasione del matrimonio fra Bernardo Rucellai e Nannina
de' Medici, sorella maggiore di Lorenzo
il Magnifico, che sanciva l'alleanza fra queste due importanti famiglie, ma questa
Loggia creava anche una visibilità notevole al suo palazzo che si trovava di
fronte. Con la realizzazione della loggia era sistemata definitivamente anche
l'area antistante al palazzo, creando in tal modo una tranquilla piazzetta,
dove sono pienamente espressi gli ideali rinascimentali di bellezza ed
eleganza.
L’ultima
commissione di Rucellai fu la costruzione del Tempietto del Santo Sepolcro
ultimato nel 1467 nella cappella Rucellai
della chiesa di San Pancrazio sul retro del palazzo.
Massimo
Capuozzo