Ho sempre trovato stimolante cercare di fare
luce sulla storia delle artiste, cercando di colmare qualche (parecchie) lacune
dei testi di Storia dell’Arte e dando il giusto peso alle figure storiche a mano
a mano che emergono dalle nebbie del passato: artiste che si potettero occupare
di arte in un mondo che non dava loro spazio.
Tra le prime donne artiste in Italia, a
Bologna, ci fu Caterina de’ Vigri, fondatrice e prima badessa del convento
delle clarisse del Convento del Corpus Domini di Bologna: fu musicista,
miniaturista e pittrice. Sempre a Bologna emerse la prima scultrice
europea Properzia dei Rossi della quale ho già trattato in un mio precedente
articolo della serie “La storia le storie”.
In Toscana la prima pittrice che sfugge
all’anonimato è Maria di Ormanno degli Albizzi che nacque a Firenze nel 1428.
Maria era la nipote di Rinaldo degli
Albizzi, capo del partito aristocratico guelfo a Firenze, ostile
a Cosimo de’ Medici: suo padre Ormanno e suo nonno Rinaldo furono esiliati
quando Cosimo, nel 1434, tornò a Firenze e si riaprì la faida fra le due
famiglie.
La piccola Maria visse il tumulto della loro
condanna, della partenza e della confisca dei beni di famiglia, durante un esilio
ad Ancona da cui suo nonno Rinaldo non tornò più a Firenze.
Maria però non accompagnò la sua famiglia in esilio,
ma a dieci anni nel 1438 diventò novizia nel “convento di Santa Caterina al
Monte”, detto “il San Gaggio”, situato sulla via per Siena appena fuori le
mura di Firenze. La dote per entrare in convento fu pagata tramite il Comune
fiorentino.
Questo convento offriva degli importanti legami
familiari, una comunità aristocratica degna di una Albizi e una biblioteca
straordinaria, ereditata dal cardinale Pietro Corsini, patrono di quella
istituzione religiosa.
L'inventario della biblioteca elenca ben 132
testi religiosi, tra cui le “Lettere” di San Paolo, San Girolamo e San Bernardo,
le “Omelie” di San Giovanni Crisostomo, le “Prediche” di Innocenzo
III, Clemente VI, gli “scritti” di San Pier Damiani e di
Jacopo da Varazze nonché le opere dottrinali di San Gregorio, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino
e San Girolamo. C'erano inoltre Bibbie, preziosi messali e breviari decorati
che fornivano modelli per il lavoro di copia, così come c’erano libri di
grammatica e dizionari destinati all'educazione delle suore.
Maria visse in questo ambiente culturale raffinato
con le figlie di famiglie patrizie tra cui quelle degli Orsini, dei
Rinuccini e anche quella dei Medici, fino a poco prima del 1471, quando
scomparve dagli elenchi delle residenti del convento.
Le monache del “San Gaggio” copiavano breviari
e manoscritti per i frati agostiniani della Basilica di Santo Spirito a Firenze
e per il nuovo “convento di Santa Monica” della suore agostiniane; esse erano
anche attive nell'industria tessile e producevano lini di alta qualità ricamati
con fili d'oro.
L'opera più notevole di Suor Maria – e per me
di significativa importanza – è un suo autoritratto che si trova nella
bellissima pagina miniata di un breviario – il Ms. Cod. 1923 della “Biblioteca
nazionale austriaca” di Vienna – da lei firmato e datato 1453.
Si tratta, allo stato dei miei studi, del primo
autoritratto anche datato di una artista nel Rinascimento italiano.
Questa posizione evidenziata in calce del foglio
e la firma latina trasmettono tutto l'orgoglio di Maria degli
Albizzi e del suo status sociale di essere parte dell'aristocrazia fiorentina.
Uno studio approfondito del volto e del
cartiglio – in John William Bradley A Dictionary of Miniaturists, Illuminators,
Calligraphers, and Copyists: With References to Their Works, and Notices of
Their Patrons, from the Establishment of Christianity to the Eighteenth Century
– mostra che essi furono disegnati per primi a punta d'argento, e successivamente
furono dipinti l'abito, il bellissimo cartiglio e il bordo del
foglio.
Sebbene per molti secoli non rientrasse nelle prerogative di una suora e in genere di una donna mettere in mostra il proprio lavoro, per non parlare di eseguire autoritratti, né di fare riferimento al proprio status sociale quale membro dell'aristocrazia né ai propri legami di pietà filiale nel rendere omaggio alla sua famiglia decaduta al rango di esuli in un contesto tipicamente religioso, Suor Maria si è consentita ugualmente di mostrare se stessa, i suoi legami familiari e la sua arte.
Per bilanciare l’atto di orgoglio però ella si mostra
in una postura devota e l'iscrizione rimanda alle parole “ancilla Domini” e al
gesto di accettazione della Vergine durante l’Annunciazione, rendendo la sua
immagine simile a quella umile della Madonna, secondo quanto si addiceva ad una
suora agostiniana.
La sua immagine è incorniciata da un cartiglio
con questa iscrizione latina che la descrive appunto "Ancilla Iesu Christi
Maria Ormani filia scripsit MCCCCLIII".
L’iscrizione riferisce il nome di suo padre, ma
tralascia il cognome di famiglia.
Maria ha abbozzato il suo volto a piè di pagina
del “frontespizio dell'Avvento”, ma non ha dipinto il bordo o la maggior
parte delle iniziali. In base allo stile, le altre iniziali e i bordi del
breviario furono rifiniti da miniatori dell'Italia settentrionale negli anni
'70 del Quattrocento.
Il ritratto di Maria differisce dai ritratti
femminili laici fiorentini della metà del XV secolo per la posa frontale e per lo
sguardo diretto.
In questo ritratto-firma Maria degli Albizzi
ritrae se stessa davanti a uno sfondo a scacchiera d'oro e d'azzurro. La sua
testa è china con una leggera inclinazione a sinistra, e metà del suo profilo è
più prominente dell'altra. Le sue mani sono raffigurate in posizione di
preghiera, con i palmi uniti e le dita che si toccano leggermente. Maria è
adornata con un tradizionale abito da suora bianco e nero che le
incornicia il viso e la sua immagine è incorniciata dal cartiglio, costituito
da un rotolo a cascata con il testo.
I turbinii illustrati escono dal bordo rosa dei
ritratti nei colori verde, blu e rosso. Il manoscritto stesso è decorato
con lamina d'oro e volute decorative all'interno di uno spesso bordo che
circonda il testo principale. Il testo è trascritto con il tradizionale
inchiostro nero e rosso con un sottile bordo blu che lo separa
dall'illuminazione del manoscritto.
Questo si sa di Suor Maria degli Albizi e che morì
prima del 1471.
Massimo Capuozzo
http://salottoculturalestabia.blogspot.com/2013/01/la-storia-le-storie-la-storia-di.html